Il Caso del “Soft Spam”
Nella sentenza n. 7555 del 15 marzo 2023, la Seconda Sezione Civile della Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sull’applicazione del cosiddetto “soft spam“.
Questo termine si riferisce ai casi in cui è possibile inviare e-mail di marketing senza dover chiedere il consenso dell’interessato al trattamento dei dati personali, basando quindi il trattamento sul legittimo interesse del titolare del trattamento (leggi l’articolo sull’invio di e-mail commerciali).
Origine della Controversia
Il caso ha avuto origine da una sanzione imposta dal Garante per la protezione dei dati personali a una società per aver inviato comunicazioni commerciali agli utenti del proprio sito internet che si erano registrati per ottenere una prova gratuita del servizio.
L’Eccezione del Codice Privacy
La società riteneva che fosse applicabile l’eccezione prevista dal comma 4 dell’art. 130 del Codice Privacy:
Fatto salvo quanto previsto nel comma 1 , se il titolare del
trattamento utilizza, a fini di vendita diretta di propri prodotti o
servizi, le coordinate di posta elettronica fornite dall’interessato
nel contesto della vendita di un prodotto o di un servizio, puo’ non
richiedere il consenso dell’interessato, sempre che si tratti di
servizi analoghi a quelli oggetto della vendita e l’interessato,
adeguatamente informato, non rifiuti tale uso, inizialmente o in
occasione di successive comunicazioni. L’interessato, al momento
della raccolta e in occasione dell’invio di ogni comunicazione
effettuata per le finalita’ di cui al presente comma, e’ informato
della possibilita’ di opporsi in ogni momento al trattamento, in
maniera agevole e gratuitamente.
Questa eccezione consente l’invio di e-mail di marketing senza il consenso preventivo dell’utente quando quest’ultimo ha fornito le proprie coordinate di posta elettronica nel contesto della vendita di un prodotto o servizio del titolare. Secondo la società, questa norma dovrebbe includere anche i casi dei “clienti non paganti“, che si sono registrati per ottenere una prova gratuita del servizio, senza poi effettuare l’acquisto.
La Decisione della Cassazione
Tuttavia, la Cassazione ha sostenuto la posizione del Garante e del Tribunale di Trani, affermando che il termine “vendita” nella norma è usato in senso tecnico. In altre parole, tra il titolare e l’interessato deve essere stato stabilito un rapporto contrattuale a titolo oneroso. Nel caso specifico, le coordinate di posta elettronica degli interessati erano state raccolte dalla società senza che tra questa e i primi fosse stato concluso alcun contratto di vendita.