Qualsiasi istanza di accesso provoca grattacapi al soggetto che deve determinare se accoglierla o meno, soprattutto nel caso in cui l’accoglimento dell’istanza comporta una possibile violazione dell’altrui riservatezza.
Questa problematica è ricollegabile alla normativa sulla protezione dei dati personali da due punti di vista distinti:
- In primo luogo il regolamento europeo 679 del 2016 prevede, all’art. 15, il diritto per qualunque interessato di ottenere copia dei dati personali che a lui si riferiscono e che siano oggetto di trattamento (il che può tradursi anche nella semplice conservazione) da parte del titolare del trattamento.
- In secondo luogo, la protezione dei dati personali vieta, in generale, la divulgazione di dati personali nei confronti di soggetti terzi.
- Infine, esistono norme che impongono la comunicazione di atti o documenti che possono contenere dati personali altrui ai terzi che ne facciano richiesta.
Tale apparente contraddizione è da sempre oggetti di attenzione da parte degli esperti in quanto necessita di una composizione che tenga conto degli opposti interessi delle parti in gioco, tra il diritto alla riservatezza e il diritto alla conoscenza.
Nell’ambito della pubblica amministrazione tale bilanciamento è già stato raggiunto, in tal caso infatti la norma che regola gli obblighi di trasparenza della pubblica amministrazione prevale, e pertanto sarà possibile per i terzi accedere alla documentazione.
La cassazione
Nel caso particolare, i giudici di legittimità si sono trovati a dover determinare se un lavoratore potesse accedere alla documentazione riguardante una sanzione disciplinare da lui ricevuta.
Tale documentazione, per sua natura, potrebbe contenere le valutazioni o testimonianze della direzione, del responsabile del personale, di colleghi o clienti, coinvolgendo così i dati personali di altri soggetti.
I giudici di legittimità con sentenza n. 325333 del 14.12.2018 hanno sancito una serie di principi di cui tenere conto nell’operato di tutti i giorni che possono essere riassunti come segue:
- I dati valutativi che si riferiscono al lavoratore contenuti nella documentazione relativa alla sanzione disciplinare rientrano a tutti gli effetti nella definizione di dato personale di cui alla vigente normativa in materia di protezione dei dati personali.
- Agli stessi si applicano conseguentemente tutti i diritti previsti da tale normativa (accesso, portabilità ecc.)
- Pertanto il lavoratore ha il diritto di avere accesso a tale documentazione.
A fronte delle opposizione da parte dell’azienda i giudici hanno opposto che, a tutela dei dati dei terzi o dei dati aziendali, l’azienda potrebbe unicamente individuare le misure opportune, ad esempio limitando l’accesso a quanto strettamente connesso alla persona del richiedente.